“Fuori Arcilesbica dal Cassero di Bologna!” Riflessioni.

Prosegue la guerra per bande nel movimento lgbtquiaapqrstuvz, che mentre eleva a proprio dogma e Stella polare la “inclusività“, nella prassi procede poi per esclusioni ed espulsioni: da ieri Arcilesbica nazionale non potrà più usare come sede legale il Cassero di Bologna, dopo che il circolo bolognese, a cui era legalmente intestato il diritto d’uso, è uscito da Arcilesbica.


Non entro nel merito della questione, che in quanto maschio non mi riguarda (il principio instillatomi da ragazzo dalle compagne, secondo cui le dinamiche interne del movimento delle donne le commentano solo le donne, rimane impresso nella mia mente: ognuno è figlio del suo tempo), ma ovviamente come militante da oltre quattro decenni del movimento lgbt la cosa non può non riguardarmi.

Sto riflettendo da parecchi anni su ciò che sta accadendo. E al di là degli aspetti dolorosi di queste vicende, che hanno infranto amicizie e sodalizi a volte decennali, ritengo che quelle che osserviamo siano le doglie inevitabili d’un parto. Quindi pur dispiacendomene, e pur essendo io stesso colpito (da mo’) da decreti d’esilio e di espulsione e da  proibizioni di parlare in pubblico, le ritengo inevitabili e necessarie.
A mio modo di vedere, Arcilesbica è stata solo il primo caso, ma qualcosa di analogo avverrà presto anche nel mondo gay maschile, e udite udite anche in quello trans.
Questo perché l’applicazione (ormai prevalente) del pensiero postmoderno alla politica lgbt ha causato uno (come amano chiamarlo i postmoderni) “slittamento di paradigma“, ossia un cambio delle regole del gioco, di tale portata da aver reso impossibile una convivenza che fino a ieri era riuscita, sia pure in modo precario e contraddittorio.

Nei fatti, esistono ormai due movimenti lesbici, due movimenti gay, e due movimenti trans, che lottano per obiettivi spesso in contraddizione fra loro. Illudersi che in questa situazione si possa stare tutti nella stessa casa politica, a intralciarsi i piedi a vicenda, è assurdo. Tanto vale prendere atto del fatto che siamo ormai movimenti diversi, e trarne le debite conseguenze.


Questa situazione, sia chiaro, è semplicemente un minuscolo riflesso d’un cambiamento epocale, di civiltà, su scala mondiale. La morte, almeno in Occidente, della “narrazione” marxista ha lasciato la sinistra occidentale priva di qualsiasi retroterra culturale e, soprattutto, etico.
La “nuova” sinistra, quella piddina ma anche quella di “Sinistra italiana”, vive ormai dei valori, delle parole d’ordine, degli obiettivi, delle priorità, tipiche del Pensiero Unico della globalizzazione a guida statunitense.

Non sto parlando (solo) di Soros e ammennicoli annessi: di recente un amico che milita in un partito trotzkista mi ha sottoposto per un commento le tesi congressuali che saranno discusse al loro convegno internazionale. Ebbene, tutti gli esempi, i temi, le parole d’ordine, ruotavano ossessivamente attorno alle parole d’ordine, alle preoccupazioni, e ai casi concreti della politica americana e britannica.
Clinton e Trump sono dunque oggi il perno attorno a cui ruotano le preoccupazioni delle internazionali comuniste, o sedicenti tali. L’ho fatto notare, e la risposta è stata che, mah, questo è un documento internazionale, è per questo che vi si parla di Clinton… Ehm, no, per me “internazionalismo” implica andare a vedere come vivono due miliardi e mezzo di lavoratori cinesi e indiani, non certo essere ossessionati da trecento milioni di statunitensi e su cosa si fanno le seghe mentali nei loro dipartimenti universitari di gender studies. Implica interrogarsi sulla Bolivia, sulla Siria, sull’Indonesia, sullo Yemen, sulla Palestina, per non parlare dell’Africa… e non certo, ammirare in eterno l’ombelico della Nazione indispensabile.
Ed egemone. Egemone al punto da essere il punto di partenza dei dibattiti dei suoi nemici dichiarati, che non riescono a pensarsi al di fuori della sua narrazione. Egemone al punto da imporre la sua ossessione per la razza, anche a culture come la nostra, in cui la contraddizione di classe è prevalente rispetto a quella di razza. Eccetera eccetera.


In questa situazione, molti malintesi e molto sangue amaro sono causati dal continuare a leggere il reale attraverso lo schema “destra verso sinistra”, che è stato ormai soppiantato in un’epoca in cui la “sinistra reale”, fondamentalmente, s’è venduta al neoliberismo e crede nelle stesse cose in cui crede la destra liberista, perché ne ha assorbito princìpi valori e strumenti di lettura del mondo. Non è per un caso che dopo il termine “Neocons” sia stato coniato il termine “Neodem”, per indicare individui che sono altrettanto imperialisti, altrettanto aggressivi verso chiunque non si pieghi all’Egemone (si pensi solo alla Siria, alla Boldrini che solidarizza con al-Qaeda contro il “tiranno Assad”, alla difesa dell’euro da parte dei partiti “dei lavoratori”…), altrettanto totalitari dei Neocons… però favorevoli alla GPA e al matrimonio egualitario. Per un siriano o un palestinese è una figata pazzesca essere ucciso da bombe democratiche o da pallottole pro-GPA. Volete mettere la differenza?

Ok, no, non c’è differenza. Non qui. Quindi la differenza va cercata altrove.

Perché la differenza oggi è sempre più, non fra “destra e sinistra” (indistinguibili fra loro), ma fra “alto e basso”. Yes, la buona vecchia lotta di classe, ma su scala planetaria, in modi tali che ai tempi di nonno Marx e zio Lenin era ancora solo agli inizi.
Oggi il pensiero neoliberista merita il nome di “Pensiero Unico” esattamente perché è tale. Solo lui ormai monopolizza gli spazi di dibattito pubblico, in versioni di destra, di sinistra e di centro moderato. Esiste in versione comunista cinese ed oligarchica russa. Esiste in versione cattolica, islamica, puritanica, oppure laica ed atea. In versione queer o in versione “sentinelle in piedi”: due facce della stessa medaglia. E così via.
Un manager comunista cinese o un manager capitalista russo non ragionano in modo diverso da un manager capitalista americano. Spesso hanno addirittura studiato nelle stesse scuole, sugli stessi testi. Pensare che il contrasto di visioni possa essere fra loro, è ridicolo. Il contrasto sarà semmai fra loro, assieme, e coloro che subiscono le loro decisioni, assieme.


Dove voglio arrivare, si chiederanno i miei dodici lettori, prendendola così alla larga?
Voglio arrivare a far notare come le persone omosessuali non siano diverse dalle altre (a parte un dettaglio: la loro preferenza sessuale), come ci sfiatiamo a ripetere da mezzo secolo, e che non dobbiamo sorprenderci se questo “slittamento di paradigma” avviene nel nostro mondo, come nel resto del mondo. Mica possiamo pensare di essere solo noi quelli felicemente esenti dai cambiamenti imposti dalla Storia, no? No.

Ecco perché è inevitabile che sui temi che ci vengono proposti volta per volta dalle think tank del Pensiero Unico (GPA, Prep, culto trans, cessi “degenderizzati”,  fluidità di genere, ormoni ai bambini e chi più ne ha più ne metta) siamo destinate e destinati a dividerci fra noi.
E la divisione, che già si profila, è chiara.
Da un lato, coloro che ormai credono, spesso con sincerità a tutta prova, nel dogma del neoliberismo secondo cui non esiste società ma unicamente l’individuo, portatore di diritti che la società lungi dal valorizzare può soltanto calpestare e opprimere. E che quindi credono che la realizzazione dell’individuo possa avvenire solo liberandolo dal proprio contesto sociale e dalle “costruzioni sociali” di cui è gravato.
Dall’altro, coloro che credono che l’essere umano abbia anche una dimensione sociale, che ricordano come l’essere umano sia un animale sociale, e che la realizzazione al di fuori dal proprio contesto sociale sia impossibile. L’integrazione è un diritto, non una maledizione.

Ecco, questa non è una divisione “destra verso sinistra”. Esiste infatti, purtroppo, anche una “destra sociale”, ed esiste una sinistra aggressivamente anarco-capitalista, “libertariana”, che considera la possibilità di affittare un utero umano un “diritto civile”, che nessuna sedicente società ha il diritto di conculcare. Che si arrabbia se qualcuno osa contrastare quella “libertà di commercio”, che poi è la unica e sola libertà che l’anarco-capitalismo conosce.
Questo “slittamento di paradigma” produce situazioni davvero imbarazzanti. Ad esempio, mi si fa di continuo notare che nella mia presa di posizione contro la GPA “la penso come Adinolfi”. Può darsi, ma se ciò avviene davvero, dubito si tratti delle stesse motivazioni… epperò mi si fa notare che in politica contano i risultati, non le motivazioni. E così sia, allora, però se tanto mi dà tanto, allora sarà lecito sottolineare come le prese di posizione degli Arciqueer e del culto trans sul matrimonio egualitario, o sull’inesistenza dell’omosessualità, coincidono perfettamente con quelle di Adinolfi, sia pure con motivazioni diverse… e in politica contano i risultati, non le motivazioni!
Oibò. Quindi usare Adinolfi come faro nella nebbia per decidere il tracciato della nostra navigazione non è esattamente un’idea geniale? A chi mi legge, la risposta.


Anche nella vicenda appena conclusa, non riesco a vedere una netta distinzione fra destra e sinistra.  Semmai, tra gli attacchi ad Arcilesbica sono tantissimi quelli provenienti da maschi, gay o etero, che più che a creare spazi inclusivi puntano ad escludere dal mondo lgbt la teoria lesbofemminista e separatista. Che, lo ricordo, politicamente è perfettamente legittima, e che oltre tutto Arcilesbica applicava in modo assai blando, dato che le femministe lesbiche davvero separatiste, a far politica assieme ai maschi gay non ci sono andate mai. Mai.
Viceversa, tra le difese di Arcilesbica vedo riemergere un femminismo separatista che è puramente e semplicemente androfobia. Tutto ciò che possiede un cromosoma Y è malato, è un cancro, è stupro che cammina, che va estirpato. E via delirando.
La cosa a me turba poco: vengo da tempi in cui queste idee erano moneta corrente (consiglio alle ed ai più giovani il romanzo di fantascienza Female man di Joanna Russ, che trasforma in realtà la metaforica “guerra fra i sessi”, per vedere a che punto fossimo arrivati negli anni Settanta e Ottanta), e siamo sopravvissuti.
Questa ideologia era infatti sostenibile “in purezza” solo in ristretti ambienti lesbici, che teorizzavano la sorellanza lesbica come forma di resistenza alla società eteropatriarcale, che mercifica il corpo delle donne (un capitolo de Il corpo lesbico di Monique Wittig si intitolava “Delle mercanzie, fra loro”). Purtroppo però nella vita reale questa teorizzazione ha cozzato col fatto che il 95% delle donne con il nemico deve letteralmente andarci a letto. E non possono fare a meno di farlo: è più forte di loro. E’ un istinto. E’ qualcosa di peggio di un istinto: è un orientamento sessuale.
Nessuno ricorda che il più grande esperimento collettivo di “teoria riparativa” mai tentato nella storia fu proprio quello del femminismo lesbico degli anni Settanta e Ottanta, che teorizzò il diritto di cambiare orientamento, per abbandonare i maschi violenti e sopraffattori… con risultati pari allo zero (anzi no: pari al 5% di coloro che lesbiche lo erano già in partenza). I maschi saranno, anzi sono (chi è che lo sa meglio di un frocio?) pezzi di merda integrali, ciononostante all’orientamento sessuale non si comanda. L’orientamento sessuale non è fluido. (Un requiem per la teoria queer).
Queste teorie furono quindi lasciate morire alla chetichella, man mano che le sue teoriche si trovavano (come si suol dire) “un uomo”, e ci mettevano su famiglia assieme. Magari con figli maschi da educare…


Tutto questo mi turba poco, inoltre, anche per un altro motivo: perché la pratica del separatismo “in purezza”, teorizzata dal mondo lesbofemminista, va perfettamente a fagiolo anche al mondo gay maschile. I froci sono, guarda tu il caso, gli unici esseri umani a non avere “bisogno” delle donne, esattamente come le lesbiche hanno dovuto riconoscere di essere loro, le uniche e sole a non avere “bisogno” degli uomini (il che spiega perché così tante grandi femministe siano state lesbiche, fra l’altro).

Di recente su Facebook una interlocutrice a me ignota mi rinfacciava d’essere un possessore di cromosoma Y, ossia un mostro, rivendicando la necessità del separatismo di fronte ai mostri come me. La signorina non comprendeva che tale necessità è sentitissima anche e soprattutto da me, anzi da noi froci tutti. Perché il separatismo serve moltissimo anche a noi maschi/mostri per proteggerci contro gli aspetti pesantemente puritanici, sessuofobici, se non addirittura omofobici, di un certo qual femminismo, “della differenza” e non.
Da un lato, gratti certe femministe americane, e sotto ci trovi la zitella puritana dell’Esercito della Salvezza, che ritiene un male assoluto il sesso, qualsiasi forma di sesso. Il pensiero corre inorridito, per un esempio, ad Andrea (nonostante il nome era una donna) Dworkin, che teorizzava che qualsiasi forma di penetrazione sessuale costituisce stupro, e che non può pertanto esistere un rapporto eterosessuale “consensuale”, se c’è penetrazione. Siamo alla Polizia del Pensiero, alla Inquisizione nella camera da letto del singolo: un tipico atteggiamento Puritano americano.
Dall’altro lato, una volta teorizzato che tutto ciò che è X è il Bene e tutto ciò che è Y è il Male, i rapporti fra donne sono il top, quelli eterosessuali bene ma non benissimo, mentre quelli fra due maschi sono il più profondo inferno del Male Assoluto.
So bene che non c’è nulla di personale in questo “Pensiero della Diffidenza”, tanto che alcune delle sue sostenitrici sono nonne affabili, indipendenti e colte, e che quella che ho esposto è solo la conseguenza logica collaterale d’una tesi che in realtà aveva per bersaglio i maschi etero e la loro fallocrazia. Il che non toglie però che si tratta d’una conclusione necessaria, almeno se la logica non ha perso valore nelle ultime 24 ore, e che in questa prospettiva non esiste inferno più profondo di quello costruito da due perfidi maschi tra di loro. “Dei mercatanti, fra loro”.


Perché sto puntualizzando queste cose? Perché nella vicenda che ha portato alla cacciata di Arcilesbica dal Paradiso Terrestre si iniziano a intravedere i contorni d’uno scontro che vede impegnati non due attori, come viene detto nella narrazione queer (femminismo radicale/terf contro “femminismo inclusivo” — un nome ironico, considerato che tutte le scomuniche e le esclusioni emanano sempre da esso), bensì da molti attori.
Anche nel fronte femminista radicale ci sono infatti tendenze diverse, che difficilmente possono continuare a coesistere, se le posizioni si polarizzano, come sta effettivamente accadendo in questo istante. Se i portatori di cromosoma Y sono il Male, difficilmente è ammissibile confrontarsi con loro, considerarli interlocutori. Il Bene non discute col Demonio: lo schiaccia, e lo scaccia. Quindi chi è disposta a interloquirci, prima o poi finirà scomunicata a sua volta. E così via.

Dunque, questa separazione è solo la prima d’una serie, che vedrà dinamiche analoghe anche nel movimento gay maschile (“Chi dialoga con Arcilesbica, è fuori!“) e in quello trans (“Chi dialoga con Dall’Orto, è fuori!“), tutti motivati dalla contraddizione tra pro-sociale/socialista ed antisociale, e che sarà poi seguita da una ricomposizione degli stormi, nella quale coloro che credono solo nell’individualismo neoliberista antisociale staranno da una parte, e coloro che credono nell’esistenza d’una dimensione sociale, dall’altra.
Come avverrà ciò? Male e con tante, troppe contraddizioni. Perché, al di là della comoda propaganda di quanti mi vogliono male (un saluto a tutt* loro!), Adinolfi ed io non la vediamo affatto nello stesso modo su nulla, se non sul punto che ho appena elencato. Pertanto questa ricomposizione proseguirà fino a quando, io almeno lo auspico, non saremo riusciti a far nascere una nuova “narrazione” (come va di moda chiamarla oggi) ossia una nuova sintesi politica di sinistra, in grado di fare una proposta di società alternativa a quella del Pensiero Unico.

Chi le darà nascita? Non io, che non ne ho le capacità. Ma tanto, al solito, lo decideranno la storia, il momento, l’opportunità, la contingenza. Sperando che la signorina Storia non opti ancora per l’Uomo della Provvidenza che ci riporterà tutti in riga, proclamando chiusa la ricreazione (e se accadrà, sono propenso a immaginare che gli esponenti queer faranno parte della Provvidenza più che della resistenza ad essa, proprio come tanti anarcosindacalisti e socialisti radicali si buttarono a corpo morto nel fascismo nascente, a iniziare dal suo fondatore).


Ad ogni modo, il fatto  che io non sia nessuno, non mi esenta dal portare il mio granello all’ammasso del formicaio, ed è per questo che ho accettato l’invito fattomi da Cristina Gramolini di Arcilesbica di andare a discutere assieme a Daniela Danna ed altre persone (che non conosco) per fare il punto sul “dove siamo” e soprattutto sul perché siamo dove siamo.
Per il momento il dibattito è programmato presso lo spazio del Concetto Marchesi in via Spallanzani a Milano per martedì 26 giugno, dalle 18 alle 21.
Invito a partecipare chi vuole seguirmi nella mia ricerca di un senso a quanto sta accadendo, e di una prospettiva per il futuro.


Post scriptum. Un lettore mi ha chiesto se quindi io vedo incombere un prossimo scontro “Queer contro non queer”.
La risposta è no, nella misura in cui “queer” è solo un nome di fantasia, uno fra i mille, con cui si manifesta il pensiero postmoderno, che a sua volta è la visione del mondo della teoria neoliberista.
Lo scontro è, e sarà, molto più ampio,  come lo fu negli anni Trenta, e sarà di nuovo fra chi crede che la “realtà vera” sia quella delle Idee e delle parole (quella delle “narrazioni” e dei “Discorsi del Potere”) e chi crede che la “realtà vera” sia quella materiale (quella delle pance vuote o piene), fra chi crede che i filosofi possano solo interpretare il mondo ma non cambiarlo (Judith Butler), e chi crede che il compito dei filosofi sia cambiare il mondo (Karl Marx), ma soprattutto fra chi crede che nessun limite possa o debba essere posto al capitalismo e chi crede che sia necessario mettergli limiti, piccoli, grossi o totali — vuoi per distruggerlo, vuoi all’esatto opposto per salvarlo (da se stesso e dalla propria incapacità di fermarsi da solo prima di distruggere tutto, inclusi i redditi dei suoi stessi consumatori).
In questo “scontro di civiltà”, noi gay siamo solo una minuscola fogliolina in cima a un rametto insignificante, in fondo a un ramo…
Però il vento che scuote la nostra foglia è lo stesso che scuote l’albero, e che scuote allo stesso modo tutte le altre foglie. Dunque per giudicare il vento che tira, la nostra tribuna vale quanto quella di chiunque altro….

 

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14 pensieri su ““Fuori Arcilesbica dal Cassero di Bologna!” Riflessioni.

  1. La redazione di Tempi è a Milano: chissà che belle interviste vi faranno ! Ripeto : chi collabora con gli integralisti religiosi(come ha fatto Daniela Danna) è fuori dal movimento.

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    1. Concordo. La sede opportuna delle conferenze di Daniela è il movimento LGBT. Il quale, ops!, le impedisce di parlare! Che sbadato, te ne eri dimenticato, vero?
      Sai, a volte una parla dove la lasciano parlare, non dove le impediscono di farlo…

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  2. Personalemente ho votato perché il mio circolo uscisse da Arcilesbica. Quando il mio nome serviva ho dato la mia tessera e ho votato…Daniela Danna parla su Corriere , Repubblica e non disdegna i peggiori giornali clericali: ricordiamolo tutti . Tutta la comunità ha subito i colpi dei Family day e delle Sentinelle: chi ha collaborato con quella gente è già fuori dal movimento

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    1. Io non credo che Daniela abbia bisogno di essere difesa da un maschio: lo farà lei nelle sedi opportune. Io posso solo far notare che se continuate a chiudere gli spazi di dibattito non potete lamentarvi se poi le vostre ostracizzate ne usano altri. State semplicemente lavorando alla costruzione di due movimento separati. Che è il tema di questo mio intervento, e come potrai leggere è un processo che considero inevitabile. Anzi, auspicato.
      Ps in politica chi si allea con chi dice di sì, non con chi si preferisce e dice di no. Come hanno appena imparato sulla loro pelle i Cinque Stelle.

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  3. DESTRA
    Da un lato, coloro che ormai credono, spesso con sincerità a tutta prova, nel dogma del neoliberismo secondo cui non esiste società ma unicamente l’individuo, portatore di diritti che la società lungi dal valorizzare può soltanto calpestare e opprimere. E che quindi credono che la realizzazione dell’individuo possa avvenire solo liberandolo dal proprio contesto sociale e dalle “costruzioni sociali” di cui è gravato.
    SINISTRA
    Dall’altro, coloro che credono che l’essere umano abbia anche una dimensione sociale, che ricordano come l’essere umano sia un animale sociale, e che la realizzazione al di fuori dal proprio contesto sociale sia impossibile. L’integrazione è un diritto, non una maledizione.

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  4. La separazione è forse inevitabile e forse prenderne atto è indispensabile . Mettiamo però in chiaro un principio: chi cerca sponde nella destra religiosa (pensiamo al gruppo Homovox nella Francia che si divideva sulla legge Taubira) commette un gravissimo errore politico e si pone fuori dal movimento lgbt . Nessuno aiuti la propaganda clericale di Tempi ! Troppi hanno pagato per l’attivismo clericale che ha portato ai 3 Family day.

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  5. Lo stesso vale in senso opposto. Alcune posizioni di sinistra sono ormai tanto vicine a quelle della destra da essere indistinguibili. I compagni che difendono al Qaeda perché non farlo sarebbe “islamofobia” hanno perso completamente la bussola.
    E ai tre family day hanno fatto seguito i principali successi del movimento lgbt.

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  6. Il primo Family day bloccò il riconoscimento pubblico delle famiglie gay per un decennio . Non lo dimentico. Riguardo alla natura multi-confessionale dell’integralismo religioso concordo in pieno. Condivido spesso questa pagina nelle discussioni su Facebook quando voglio mostrare che la destra italiana è succube degli integralisti religiosi.Quando il pubblico neutrale vede l’integralista islamico comprende più prontamente la natura del cattolico che applaude . http://www.secoloditalia.it/2015/06/family-day-milione-applausi-per-delegato-musulmano/

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