Segnalo questa interessante analisi che parte come spunto dallo sketch dei Monty Python su “Loretta” (il guerrigliero antiromano che dichiara di essere donna e di volere partorire bambini) nel film Brian di Nazareth, del 1979.
Ciò che nel film era presentato come satira del settarismo ideologico e parolaio della sinistra extraparlamentare, tanto più estremista a parole quanto più lontana dalla volontà di tradurre le parole in fatti, oggi è affermato con perfetta serietà. (E’ “transfobico” contestare le donne trans che affermano di avere le mestruazioni… eppure tutti sanno che per impossibilità biologica questa può essere solo un’idea fissa delirante… ma guai a dirlo).
L’articolo, apparso sulla rivista scettica “Areo”, mostra come le radici della cultura politica “woke” stiano negli aspetti settari e para-religiosi della cultura extraparlamentare di sinistra di quegli anni.
Questo elementi sono sopravvissuti alla fine della sinistra extraparlamentare riuscendo ad organizzarsi come culto religioso, fine a se stesso, privo ormai di un riferimento ad progetto politico, ma (molto) attivo a livello simbolico. [Ad essi, a dire il vero, si sono mescolati anche chiari elementi di sessuofobia e di volontà di controllo sociale della vita privata, provenienti dal Puritanesimo calvinista statunitense… ma non complichiamo inutilmente il discorso!].
Questo è un buon esempio (aggiungo io) del concetto di “meme” come teorizzato in origine da Dawkins: un grumo di concetti programmato per garantire la propria sopravvivenza e riproduzione, in modo cieco, privo di riferimenti a vantaggi reali o presunti per coloro che li fanno propri, e la cui effettiva sopravvivenza è data solo dal modo in cui l’ambiente reagisce (in altre parole, dalla “selezione naturale”). Palesemente, la scomparsa di una “sinistra reale” ha lasciato libero uno spazio ecologico per una “sinistra simbolica”, che ha potuto espandersi in modo mostruoso, direi canceroso, proprio per l’assenza di competizione ecologica nella stessa nicchia.
Lo stesso movimento gay, e sono sempre io che parlo, diventando istituzionale, ossia essendosi messo al traino di multinazionali e partiti politici, non può più permettersi domande politiche sostanziali, che intaccherebbero posizioni di potere reale, difese dai partiti della destra reale, ed è quindi ridotto a fare richieste di tipo puramente simbolico (non si parla più del diritto al lavoro delle persone trans, che è il problema più grave ed importante per ogni donna o uomo trans, perché farlo imporrebbe un dibattito sul lavoro come diritto universale di tutte/i, si parla però fino alla nausea dell’accesso delle persone trans ai cessi del sesso opposto, o alle competizioni sportive alle quali partecipa giusto qualche decina di persone trans in tutto il mondo), oppure richieste legate a un mercato (“lo Stato non deve regolamentare la libera contrattazione fra persone, come nel caso della GPA“), o alla incessante richiesta di finanziamenti pubblici.
E’ importante insomma chiarire come non sia stata l’enorme espansione del pensiero woke/queer/postmoderno/anarcocapitalista ad avere ucciso il movimento lgbt, ma al contrario sia stata la progressiva asfissia del movimento lgbt ad avere lasciato spazio ecologico a teorie deliranti, inutili politicamente perché sterili di frutti, ma forti come la gramigna. E quindi, evolutivamente “superiori” rispetto ai delicati fiori o alle esigenti piante, generose in frutti ma anche nella richiesta di cure, che necessitano dell’opera dell’uomo per sopravvivere.
Fuori di metafora: la politica fruttosa che richiede un investimento personale in denaro e lavoro, quando si estingue per la scomparsa di chi la coltivi, lascia spazio alla politica che sa fare un’unica cosa, procacciarsi il nutrimento, ma sa farlo bene.
Da questo punto di vista, l’attacco queer per il conseguimento e l’esercizio monopolistico del potere non ha nulla di moralmente sbagliato nel momento in cui il terreno che contende al movimento lgbt “tradizionale” è esattamente quello del potere su cui esso si è arroccato ormai dal anni. Le continue spaccature, un gruppo dopo l’altro, di Arcigay e Arcilesbica, la frammentazione del Pride nazionale in una galassia feudale di micro-pride, (che significativamente parlano ormai più di diritti delle persone migranti che di diritti delle persone omosessuali) sono al tempo stesso sintomi e causa ulteriore dello sbriciolamento del vecchio movimento lgbt, che ormai sopravvive a se stesso, privo com’è di un programma politico. Quello che porta avanti è infatti solo l’avanzo, la coda lunga, del programma messo assieme tra gli anni Novanta del secolo scorso e l’anno 2000.
Asì es 😦
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Il diritto al lavoro delle persone trans (cosi come quello delle persone LGB) non è stato affatto dimenticato dal movimento LGBT. Prendiamo il caso americano. Nella primavera di quest’anno un ramo del congresso ha approvato la legge chiamata “Equality act” proprio per proteggere le persone LGBT dalle discriminazioni sul lavoro e nell’erogazione di servizi. Il movimento LGBT sta al contempo tentando di ottenere tali protezioni per via giudiziaria. Tre casi a riguardo sono stati discussi dalla Corte Suprema l’otto di ottobre, meno di un mese fa!
https://en.wikipedia.org/wiki/Equality_Act_(United_States)#targetText=The%20Equality%20Act%20is%20a,of%20sex%2Dbased%20stereotypes.%22
https://www.vox.com/2019/10/8/20904847/gorsuch-swing-vote-lgbtq-discrimination-supreme-court
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Una nota . Alcune femministe radicali si oppongono all’Equality act e hanno addirittura sostenuto il datore di lavoro fondamentalista contro la lavoratrice transgender nel caso R.G. & G.R. Harris Funeral Homes v. EEOC . Quando gli attivisti trans accuseranno alcune femministe radicali di transfobia sarò costretto a dar loro un certo credito: mi pare ovvio a questo punto.
Fai clic per accedere a 20190820130044873_WoLF%20Amicus%20Harris%20v%20EEOC%20as%20filed.pdf
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