“Woke”, i Puritani del Duemila

In questi anni in cui ho seguito la crescita del culto della genderologia/wokeism, ho maturato la convinzione che per attecchire bene come negli Usa essa ha bisogno di un substrato Puritanico, non nel senso morale, ma proprio nel senso religioso della forma di interpretazione del Calvinismo evolutasi nelle nazioni di lingua inglese.
I woke sono i Testimoni di Geova del 2023 (e quindi che riescano a fare convertiti anche in Italia, ci sta), ma la loro narrazione si è evoluta per soddisfare le esigenze d’una generazione che trova ridicolo credere in un signore con la barba bianca lunga, che abita sotto i soffitti delle chiese.

Un’ottima riflessione sulle basi puritaniche del Wokeism statunitense.

Nella genderologia abbiamo infatti l’ossessione del controllo morale tipica del Puritanesimo, la sua stessa sessuofobia, la stessa identificazione della giustizia sociale con la giustizia morale, e soprattutto la sua stessa moltiplicazione infinita dei precetti morali da osservare strettamente nella vita di ogni giorno (i pronomi!) per dimostrare d’essere un Predestinato…
Tutto questo, ma senza più il bisogno di scomodare alcun Dio per giustificarlo.
(Nota marginale: Slavoj Žižek, in un contributo per il resto abbastanza poco condivisibile, specie per le conclusioni, Wokeness is here to stay, suggerisce un’intrigante differenza tra il totalitarismo morale cattolico e quello protestante: mentre il cattolicesimo ci dice “fai quello che ti pare, basta che dopo ti penta e ti confessi” (non a costo zero, ovviamente), la logica del protestantesimo dice invece: “fai pure quello che ti pare, basta dopo ti senta molto in colpa per averlo fatto“, ovviamente anche qui potendo comprare l’espiazione a modico prezzo).

Sono quindi ormai abbastanza fiducioso sul fatto che difficilmente in Italia arriveremo all’ondata di fanatismo a cui assistiamo nell’anglosfera. È un problema ciclico loro, che dalle streghe di Salem in poi periodicamente sparge il “panico morale”, per la minaccia gialla, la minaccia rossa, la minaccia lavanda (i gay), e poi i culti satanici, le repressed memories … Sui social media, specie su Twitter, trovo persino il panico morale verso il panico morale genderologico, che viene denunciato come opera di potenti milionari transgender che fanno da burattinai, dietro le quinte! (Yeah, i Protocolli dei Savi Anziani di Trans-Silvania, immagino! 🙄).

La genderologia e tutta la religione “woke” prendono insomma il posto, in un periodo in cui la crisi della religione ha infine colpito anche gli USA, del “breastplate of righteousness” che il Puritanesimo (ma anche il fondamentalismo evangelical) fornivano alla classe media anglofona, dandole la giustificazione della propria percepita superiorità rispetto sia alla massa del popolo rozzo e animale, sia delle elites corrotte e serve di Satana.


Per quanto il wokeism sembri ancora trionfare, il periodo del flusso della marea è già finito (con buona pace di ciò che pensa Žižek), ed è iniziato il deflusso. Ne avremo ancora per qualche anno, qualche migliaio di vite verrà (come sempre in queste ondate di fanatismo) distrutto per sempre, poi però i sostenitori, fiutata l’aria, passeranno alla “next last thing” (“prossima ultima novità”) per affermare la loro superiorità morale rispetto ai citrulli che han creduto alla genderologia, mentre loro, ovviamente, da vera elite intellettuale e morale internazionale, avevano capito subito che era una taroccata da poveri illusi provinciali.
E peccato per chi ha investito in una laurea in Gender Studies, che fra dieci anni servirà ad aprire solo le porte del locale di lavaggio piatti dei MacDonald.

Nel frattempo, nel Regno Unito l’anglicana Inghilterra ha messo il veto alla legge escogitata dalla culla del calvinismo britannico, la Scozia, che fondamentalmente eliminava tutte le tutele prudenziali inserite nel Gender Recognition Act britannico.
Nota bene: non stiamo parlando di un lodevole tentativo di eliminazione del gatekeeping, visto che di fatto non è più necessario da anni un certificato medico per la transizione di genere, e questo nell’intero Regno Unito (Scozia inclusa): secondo il principio della Common Law in vigore in UK, infatti, la legge cambia anche in base alle sentenze di tribunale, che qui ci sono state, modificando così il G. R. A. nel senso richiesto dalle persone trans.
Il punto al calor bianco sono semmai i bambini, a cui i politici scozzesi vogliono dare il “diritto” a pasticciare col proprio corpo anche contro il volere dei genitori e anche in tenera età, perché ciò che conta qui non è la maturità mentale, bensì la saldezza della Fede nel Genere come proprio Salvatore Personale. Cosa che da un punto di vista teorico si può avere anche a cinque, sette anni. Di martiri della fede bambini, in effetti, il cristianesimo è pieno

Questo scontro politico di gravità inaudita ha posto fine (la marea è girata) ad anni di compiacente disinteresse dei media. Quelli in mano agli americani, come i social media, da anni censurano sistematicamente tutte le voci critiche alla genderologia (“there is no debate to be had“), percepita come proiezione del soft power americano nel sogno di ridisegnare il mondo a propria immagine e somiglianza. E quindi favorito sfacciatamente fino a poco tempo fa.

Gli altri media avevano snobbato fin qui il dibattito, lasciando che se ne occupassero i predicatori genderologici. Dopo tutto, sono robe che hanno conseguenze solo per esseri inferiori, come donne, fr*ci, bambini con espressione di genere non conforme, e trans (specialmente loro: quando la marea sarà passata, sarà soprattutto la loro condizione di vita a risultare devastata: terra bruciata e cosparsa di sale su cui non crescerà nulla per anni).
Tutti “scarti”, secondo il modo di pensare di coloro che reggono il potere, che possono essere sacrificati dai “maschi alfa” senza il minimo rimorso.


Tutto quanto ho appena scritto è percepibile nell’intervista fatta da una tv a una donna politica dei Verdi, Membro del Parlamento Scozzese, che trovate qui.
La novità clamorosa è che per la prima volta dopo tanti anni il giornalista fa domande vere. L’intervistata dimostra l’effetto devastante inflitto ai genderologi da anni e anni di “no debate“, di abitudine a confrontarsi solo con giornalisti parte del proprio culto. Cosa non più possibile, ora che c’è da commentare una crisi politica e costituzionale fra il governo di Sua Maestà e il governo locale scozzese, e i cittadini vogliono sapere da cosa nasca e perché. E lei, semplicemente, non sa cosa rispondere. Non era preparata a quelle domande.

Guardate come la Molto Onorevole strabuzza gli occhi, balbetta, svia gli argomenti, non è capace di rispondere a domande semplici come “lei permetterebbe il cambio di sesso a un bambino di 8 anni?” La risposta è ovviamente sì, ma una cosa è dirlo su Facebook a una camera d’eco di correligionari, dopo aver accuratamente bloccato tutte le voci critiche (e ripetendo in coro per chi non è della cricca che “ovviamente nessuno si è mai sognato di far transizionare i bambini”), ma tutt’altra cosa è dichiararlo apertamente a tutte le madri e i padri del Regno Unito, inclusi i propri elettori. E rispondere di no, come l’intervistata sapeva benissimo, l’avrebbe piazzata immediatamente nel mirino del transattivismo e alle accuse ormai standard di “transfobia“.
Notare la sua espressione incredula quando il giornalista non si lascia sviare dal fumo delle parole magiche e le chiede cosa vogliano dire nel concreto, e insiste per avere una risposta semplice a una domanda semplice: o sì, o no.

Il che dimostra che non solo la genderologia è una fede, ma soprattutto che è in malafede.
Sanno benissimo che non possono permettersi di rispondere sinceramente. Sanno benissimo che le cose che sostengono non hanno senso.

E in fondo, la loro ossessione con la validation” (convalida) da parte degli altri non è altro che la loro coscienza del fatto che stanno mentendo.

E che lo sanno.

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