‘A traggedia della studentessa “nonbinary”

Il “Corriere della sera” pubblica oggi un articolo su una studentessa nonbinary di Cagliari, alle prese con un ambiente ostile, in cui una parte delle persone insiste a chiamarla al maschile.

Un articolo che dimostra come, quando si gioca al muro contro muro, e se ne fa una questione di principio, il banale buon senso va a farsi benedire.

Non mi costa infatti nulla usare il nome Cunegonda al posto di Remualdo. Io non sono nominalista, sono materialista: per me i nomi sono pure etichette. Una vale l’altra. Sono convenzioni fra noi umani, non “contengono” la realtà, si limitano a indicarla, o, per usare un termine più tecnico, a “significarla“, che vuol dire “fare segno”, “indicare”. E non, “riassumerne l’essenza”.
Vero è che il postmodernismo (che chi mi segue sa essere la mia bestia nera) a cui aderisce tutta la genderologia, è profondamente nominalista, e crede che “nomina sunt essentia rerum“. Da qui la sua ossessione monomaniacale con nomi, pronomi, e presto anche avverbi e predicati, immagino. Ma da materialista devo anche aggiungere che non posso che vedere la battaglia su pronomi e nomi come lo scontro fra due nominalismi che credono entrambi che la realtà stia solo nei nomi, e che al di sotto dei nomi non ci stia nessun fatto che conta.
E ognuna delle due parti accusa l’altra di fare questo.
(Ciò spiega perché spesso mi si dica che non si capisce da che parte sto. Nello scontro fra cattolici e protestanti, io sono ateo. È sbagliata la domanda che mi viene posta su quale sia il Dio vero, perché dà per scontato che siano possibili solo due risposte).


Tutto ciò premesso, dopo aver letto l’articolo (cosa che vi invito a fare, perché al solito il titolo tradisce l’accaduto) e soprattutto i commenti (meh…), trovo che farne una questione di principio serva solo all’ideologia, e non alle persone.

I compagni di questa persona hanno capito bene la cosa, e giustamente la chiamano al femminile. Anche se per ipotesi non foste d’accordo con il concetto, comunque “essere gentili è gratis”, come diceva mia nonna, e voi non siete a scuola per insegnare una bella lezione alle vostre compagni e ai vostri compagne, bensì per imparare. Quindi l’atteggiamento giusto è quello delle compagni.

Tutto semplice, quindi?
Non direi. Innanzi tutto, da ex giornalista direi che sia un pessimo articolo quello che, come questo del Corriere, non si preoccupi di sentire tutte le parti in causa, ossia anche la scuola, che dai fatti raccontati pare in realtà aver fatto uno sforzo per “venire incontro” (forse, non abbastanza? Boh, non è possibile saperlo, visto che alla “giornalista” non è passato per il cervello sentire cosa avessero da dire loro!).


Inoltre, leggendo il pezzo, emerge che anche questa studentessa ha le idee decisamente confusette. Si dice nonbinary, però chiede che le si applichi rigidamente il binarismo di genere. Ehm…
Non è allora del tutto inspiegabile il fatto che la risposta che le viene data sia confusa e contraddittoria, visto che anche la sua domanda lo è.

Poi. Nessuno le nega di usare un bagno, però non le va bene lo stesso perché non è il bagno che vuole lei.
Quindi, non stiamo parlando di risolvere un problema concreto (“we only want to pee“), bensì di imporre una questione di principio. Il che è ok, è legittimo, però se lo è, allora giustifica anche chi ne fa una questione di principio nel senso opposto.

Eppure i bagni sono in assoluto la cosa più binary che esista (e ciò per legge, cosa che un/a preside non può giulivamente ignorare), quindi se la scuola riconosce la necessità di una soluzione “altra” per chi non è, per sua stessa ammissione, binary, bensì “altro”, ciò mi pare solo buonsenso. Ma buonsenso e ideologia sono poli opposti…


Non trovo infine giustificazione per non concedere la “carriera alias“. Stiamo parlando di mere convenzioni, quindi mettersi d’accordo è un attimo. Cosa ca.. ti cambia ciò scrivi su un pezzo di carta che poi non è il registro ufficiale?
Quello che conta è che quella studentessa impari, ed esca con buoni voti. Se lo fa come Cunegonda o come Remoaldo, a te professore cosa cambia? Non sei pagato (da me, contribuente) per fare l’ufficio anagrafe, bensì per insegnare.
A meno che preclusioni ideologiche te lo impediscano.
E allora, per l’ennesima volta, il problema è la tua ideologia (che è al polo opposto del buonsenso), e non il fatto che un’adolescente possa essere un po’ confus* (di norma, lo è. È l’età in cui hai il dovere di esserlo, in effetti).


In tutto questo si cancella il fatto che la scuola esiste per dare strumenti a tutti coloro che la frequentano, nozioni, una cultura, una informazione.

Ovvio: l’ideologia che ha prevalso negli ultimi decenni la vuole daccapo un setaccio di selezione. Non deve adattare ai piedi le scarpe, in modo da permettere a tutt* di camminare sui propri piedi, ma deve negare le scarpe a chi ha piedi conformati in modo statisticamente raro, e scartarlo dalla corsa della vita fin dall’inizio.

Se è questo che vogliono i vostri princìpi, va bene (per modo di dire), ma ricordate che o prima o poi, nella vita, sarete voi ad essere quelli i cui piedi non si adattano alle scarpe in cui vi vogliono fare camminare.

15 pensieri su “‘A traggedia della studentessa “nonbinary”

    1. Esatto. Una legge impone, sopra una certa età (non ricordo più se sette o dieci anni, boh) che nelle scuole maschi e femmine debbano avere bagni separati. Una cosa che ha a che fare con pubertà, ormoni, minorenni, molestie sessuali, diritto alla privacy, you know? Benvenuto nella realtà, dolcezza.

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      1. Quale legge? è possibile leggerla? La legge impone che debbano esserci bagni separati per ragazze e ragazzi E al contempo vieta che ci sia un terzo bagno neutro? Nella mia scuola c’erano tre o 4 bagni e farne uno neutro non dovrebbe creare problemi neppure al NO-GENDER più radicalizzato.

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      2. Prima di commentare, leggi.
        La scuola HA proposto il bagno neutro.
        E’ la ragazza “nonbinary” che rifiuta di usarlo perché vuole usare quello delle donne.
        Mica per altro ho fatto commenti sulla sua confusione di idee…

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  1. Ceeeerto! Un bagno per ogni capriccio o giramento di testa. Io ero una rockettara, a scuola dovevo chiedere un cesso dove doveva esserci una radio che mandava AD/DC e Led Zeppelin. Mi hanno discriminata per tutto quel tempo e solo ora che ho scoperto le sure del pensiero queer ho capito, mannaggia!
    Come dovrebbero essere i bagni non-binari? Degli strumenti a metà fra un water e un piaciatoio attaccato al muro?
    Ridicoli!

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  2. Il queer è il roveglio della medaglia dei fasci integralisti come Pillon/Orban/Erdogan. Da entrambi i lati questa medaglia è antimaterialista, irrazionale e antiscientifica… e se ti fai spazio tra i paroloni senza senso e le frasi tortuose si scoprono anche misoginia e omofobia.
    Entrambi si basano su stereotipi di genere.
    Le differenze: gli uni conservatori, gli altri ultraliberisti.

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    1. “Bramham even doubled down when LGB Alliance co-founder Bev Jackson addressed his claims, calling Bramham’s posts “very unhelpful”.

      She said stating sexual orientation as being a choice “undermines gay rights”.

      Grazie per aver segnalato che ciò che tu chiami “ideologia TERF” e diritti LGB sono due realtà non solo separate, ma antitetiche. 😊

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