Il caso del poeta mai esistito

Su Facebook c’è un thread (mi scuserete se non creo il link perché non m’interessa mettere nessuno alla berlina, mi interessa solo riflettere in astratto sulle implicazioni politiche e psicologiche del caso) sulla pagina d’una poetessa trans che ha vinto un concorso per un’opera prima di autore o autrice esordiente, e che si è vista annullare la vittoria perché la giuria ha scoperto che aveva già pubblicato altri due libri, col nome (maschile) che aveva prima di transizionare. Dunque, argomenta con logica impeccabile la giuria del concorso, la sua non era l’opera di un’esordiente.

L’autrice afferma invece che i libri pubblicati in precedenza sono opera d’una persona che non esiste più, come attestano i documenti anagrafici corretti con sentenza del tribunale, che sanciscono che Tizio non è mai nato, e non è mai esistito, e che al suo posto è nata ed è esistita invece Tizia. Dunque, quello è il primo libro mai pubblicato da Tizia, che non è e non può essere Tizio.

L’argomento è palesemente idiota. La rettificazione anagrafica sancita dal tribunale ha infatti cambiato il genere anagrafico, non l’identità della persona.
Immaginiamo una persona che transizioni a 40 anni. Cosa accadrà: tutti i contributi pensionistici versati fino a quel giorno andranno forse perduti, perché versati a nome d’una persona che non esiste più? Ovviamente no.
E le eventuali eredità percepite, resterebbero di sua proprietà o dovrebbero essere reclamate da altri eredi o dallo Stato, in quanto percepite da persona non più esistente? E i titoli di studio? I contratti di affitto? I titoli di proprietà? Il conto in banca? Il conto lasciato da pagare al pizzicagnolo? Tutto sparito? Tutto inghiottito dal Nulla?

Ovviamente questi casi sono già previsti e regolati dalla legge. Al momento della transizione doveri e diritti vengono trasferiti da un nome all’altro, sancendo chiaramente la continuità dell’identità della persona. Dopo tutto, in passato una donna che si sposava cambiava automaticamente cognome, ma a nessuno è mai venuto in mente che così facendo diventasse un individuo differente.

Oltre tutto, la rettificazione anagrafica è chiesta dalla persona trans affinché anche la società riconosca una persona che *esiste già da prima* della transizione, sia pure in vesti non adatte a sé. Se Maria non fosse già esistita dentro ai panni di Mario, non avrebbe mai chiesto la rettificazione. Dunque, Maria ha scritto anche i libri di Mario, solo che li ha scritti usando “Mario” come pseudonimo, esattamente come Amandine Dupin pubblicava come George Sand.

Non basta: come fa notare una cortese risposta al thread, il libro di poesie parla proprio dell’esperienza della transizione. Ma se la persona da cui è transizionata la poetessa non è mai esistita, allora non c’è mai stata nessuna transizione, e non è mai esistita nessuna transessualità che invece, a dire della poetessa, sarebbe la causa della “discriminazione” dell’organizzazione del concorso. Come si vede, una contraddizione logica tira l’altra, fino a sconfinare nell’assurdo.

Ora, chiunque conosca persone trans, sa che di norma non sono affatto illogiche come in questo caso, e che nessuna di loro nega la continuità d’identità fra le persone presenti prima e dopo l’eventuale transizione. Dunque, lungi da me insinuare che questo caso, che è chiaramente un caso estremo, in qualche modo rappresenti la condizione trans.
Ciò non toglie però che il caso sia rappresentativo di se stesso, nel senso che ci mostra come, all’interno del mondo trans, esistano anche alcuni individui la cui disforia è talmente forte da spingere a ragionamenti illogici, se non francamente assurdi.

La signorina di cui parlo è chiaramente vittima di fallacie logiche, che si ritrovano anche fra quelle persone trans che argomentano che “se” loro sono donne ed hanno il pene, “allora” ciò vuol dire che il loro è un pene femminile.
Non è transfobia far notare a queste persone che si sono lasciate prendere la mano dalla disforia, e che stanno trasformando in pretesi “fatti” quelle che sono fantasticherie. Al contrario: sarebbe transfobico non sottolinearlo, perché non farlo equivarrebbe ad affermare che una persona trans è incapace di comprendere un ragionamento logico al pari di chiunque altro.

Nessuno può permettersi di vivere in un mondo di fantasticherie. Un mondo che funzionasse secondo le fantasie di chi soffre d’una fortissima disforia sarebbe un mondo in cui, appunto, verrebbe negata a Maria Rossi la pensione perché i contributi li ha versati Mario Rossi, o l’editore dei primi due libri rifiuterebbe di pagare alla poetessa i diritti d’autore in quanto non dovuti a lei, ma a quell’altra persona non più esistente. Sarebbe in altre parole un mondo in cui le persone trans uscirebbero da un incubo solo per entrare in un altro.

Davvero è questo che vogliono loro per sé, e noi per loro?

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