Nessuno nasce da due uomini. Chi invece va all’estero per aggirare il divieto italiano contro l’utero in affitto premedita di imporre l’iscrizione anagrafica del/la neonata come figlio/a “di due padri”, strumentalizzando “il migliore interesse del/la minore”. Il migliore interesse del/la minore è non essere separato/a per contratto e per soldi da chi l’ha messo al mondo: sua madre.
Apparteniamo al movimento femminista e al movimento lgbt, e in nome della non commerciabilità dell’umano siamo contrari/e all’utero in affitto. Se ci sono creature nate da GPA, egoisticamente private della madre e registrate con un solo genitore, il/la partner del genitore devono, se lo vogliono, chiedere di essere registrati come genitori adottivi – adozione in casi particolari-.
In caso contrario si istituirebbe per le persone omosessuali una corsia privilegiata, mentre la Costituzione (art. 3) ci vuole uguali davanti alla legge.
In nome della verità, c’è un genitore e un genitore adottivo, non due padri.
Siamo, inoltre a favore della riforma della legge sulle adozioni, così da permettere un’adozione che tuteli appieno gli unici diritti concreti: quelli del bambino.
Resta tutta la costernazione di fronte alla messa al lavoro della gravidanza, e alla separazione immediata del/la neonato/a dalla madre (si impedisce perfino l’allattamento per evitare l’attaccamento e la continuazione della relazione fusionale): non è ai diritti dei bambini che pensano gli utilizzatori della gpa, ma al proprio vanto.
Se vi sono tuttavia bambine/i già al mondo via Gpa, che il genitore non biologico intraprenda il percorso dell’adozione, e non si pretenda che lo Stato certifichi ciò che non può darsi.
Come Rete contro l’Utero in Affitto, infine, accogliamo con interesse l’istituzione di una Commissione presso il Consiglio Comunale di Milano che discuterà di utero in affitto e delle registrazioni dei cosiddetti “due padri” all’anagrafe, e ci rendiamo da subito disponibili a essere audìte.
Rete contro l’Utero in Affitto (ArciLesbica, RadFem Italia, RuA, Se non ora quando-Libere, Se non ora quando-Genova, Udi), Aurelio Mancuso.
I 4 errori di questa scelta
Individuo almeno quattro gravi errori strategici in questa scelta, al di là della giustezza della causa di combattere contro la GPA (che chi mi legge ha il pieno diritto di ritenere una cosa giusta, e che io ho il pieno diritto di ritenere una cosa sbagliata).
1° errore: prendersela con i bambini
O peggio ancora, di una totale assenza del dibattito, ragione per cui si agisce d’impulso, senza badare alle conseguenze a lungo termine delle proprie azioni, salendo sul primo carro ideologico che passa, senza neppure badare se per caso non sia, come lo è in questo caso, il carro del boia o quello del becchino.
2° errore: accettare le idee dei nemici
Che Arcilesbica si senta isolata e assediata non è cosa che stupisca: lo è. E non necessariamente per colpa propria. Certe evoluzioni culturali postmoderne e “queer” che vanno per la maggiore considerano la liberazione omosessuale un vecchiume fuori moda.
Una mossa di questo tipo serve solo, come è appena accaduto, a costringere a suonare la musica dell’orchestra presso cui si è chiesto asilo, dopo lo sbando della propria.
3° errore: dichiarare guerra ai maschi gay
Certo, io ragiono da maschio. Quindi, care compagne di Arcilesbica, può sfuggirmi la logica che spinge voi donne lesbiche a dire che è molto meglio allearsi con le donne cattoliche e neofasciste, che sono pur sempre donne, che con i gay che dopo tutto, anche quando sono di sinistra, sono solo maschi al quadrato.

Ora, una volta considerato il piccolissimo dettaglio, qui taciuto, che intenzionalmente la legge italiana non prevede la “stepchild adoption“ che qui ci si sta proponendo, possiamo giungere alla conclusione che sì, cara Rita, è davvero un problema. E mi sento anche un po’ preso per il culo a veder proporre una strada che la legge intenzionalmente esclude, e questo per precise scelte ideologiche fatte dal Partito Democratico al momento di votare la Cirinnà.
Ma anche se quanto proposto fosse possibile (e non lo è) resta da capire in base a quale logica tale richiesta debba essere valida se si è in presenza di due maschi, ma non se lo si è di due femmine. Lo sa anche un bambino che una norma che discriminasse i cittadini e le cittadine in base al loro sesso sarebbe anticostituzionale. Quanto accecati dal fanatismo occorre essere, per non ricordarlo?
4° errore: credere al “solo sesso indispensabile”
Tuttavia, a parte improbabili interventi dello Spirito Santo, è altrettanto fattualmente vero che nessuno nasce da due donne. Amen.
Quindi tale motivazione non “motiva” proprio un bel niente. Fra i mammiferi occorrono due sessi diversi per procreare. Nessuna femmina ha mai concepito e gestato senza il contributo di un maschio.
No, mi ribattevano, la sola compravendita degli spermatozoi dev’essere consentita, anzi l’abrogazione dell’unico punto della legge 40 ancora in piedi (quello che proibisce l’inseminazione eterologa alle sole coppie lesbiche) è una delle rivendicazioni qualificanti del movimento delle donne lesbiche.
Il maschio è un inutile fuco?
Ma non proseguirò oltre su questo ragionamento, perché è un altro il punto che mi preme discutere qui. Ossia, che questa visione della riproduzione umana esprime una visione del mondo che è comprensibile ed ha senso unicamente all’interno della condizione lesbica. Pertanto, non ha nessuna speranza d’essere accettato dal resto della società, a partire proprio dalle donne eterosessuali, che sono portatrici di interessi esattamente in conflitto con quelli delle donne lesbiche.
Non solo le donne che ho conosciuto nella mia vita non aspiravano affatto ad incontrare questo mitico impollinatore che arriva, ingravida e se ne va, ma al contrario cercavano un uomo “responsabile” prima di pensare a far figli (e il fatto che in Italia se ne facciano così pochi ci dice qualcosa sulla facilità di trovarne!).
Nel caso di coppie non sposate il padre non ha l’obbligo del riconoscimento, però esso può essere comunque richiesto per vie legali dalla madre e dopo una certa età dal/la figlio/a stesso/a, come molti celebri casi di cronaca hanno reso manifesto. Il mantenimento della nuova persona è un dovere al punto che, qualora il padre biologico fosse morto, può essere chiesto dalla madre anche ai suoi eredi, o qualora a morire fosse stata la madre, può essere chiesta dagli eredi di lei entro due anni dalla morte, e infine può essere chiesto sempre dal minore. Perché mantenere il figlio è un dovere stabilito per legge sia per il padre sia per la madre. Questo succede nel Diritto dell’intero Occidente.
Non basta. Nel 2006 un tribunale del Michigam ha dovuto affrontare un caso molto interessante. Una donna aveva avuto con un uomo una relazione, che però era terminata. Dopo la rottura si era però accorta d’essere incinta. Lei aveva deciso di tenere il bambino, contro il parere del padre biologico. E come è noto, in materia di aborto (giustamente) è solo ed esclusivamente la donna a poter decidere se tenere o meno il figlio.
Alla nascita il padre aveva chiesto al tribunale d’essere esentato dal dovere di mantenere una bambina che non aveva voluto. Il giudice gli ha dato torto, e così fino al 18mo anno l’impollinatore avrà il dovere di contribuire al mantenimento del “frutto dei suoi lombi”. (Il che è a mio parere giusto, perché ogni maschio che abbia più di otto anni sa come si fanno i bambini, quindi anche come non si fanno. Se costui ha evitato di pensarci, la gravidanza non è stata una “fatalità”, bensì una sua responsabilità).
Non a caso dopo la sentenza di quel caso, Kim Gandy, allora presidente della “National Organization of Women”, dichiarò alla CNN:
“Se la donna abortisce, lui non ne ha alcuna responsabilità. Se la donna partorisce, lui non ne ha alcuna responsabilità. In entrambi i casi, se pronuncia questa frase magica, non ha alcuna responsabilità.
Gli uomini hanno cercato da molti anni di scaricare la responsabilità per i loro figli. Questo uomo qui non deve farla franca“.
Ebbene, quel che le donne lesbiche stanno chiedendo è la cancellazione di questa tradizione di leggi, allo scopo di allevare i figli assieme alla propria compagna (o anche da sole), senza avere un maschio che possa pretendere di avere una qualche “responsabilità” in quella nascita.
Aspirazione per molti versi comprensibile (dal loro punto di vista), ma… realistica? Condivisa? Socialmente utile? Nell’interesse del minore? Sensata?
Davvero si pensa che il 95% eterosessuale delle donne sia disposto a rinunciare al principio secondo cui “caro maschio, se hai procreato una figlia, sei responsabile del suo mantenerla fino all’età adulta“?
Davvero insomma non si nota come in questo caso abbiamo un palese conflitto d’interessi fra donne lesbiche e donne eterosessuali? Perché qui, per dare nuovi diritti alle donne lesbiche occorre togliere vecchi diritti a quelle eterosessuali…
Perché i maschi non sono fuchi (piaccia o no)
Quale delle due deve prevalere? Ditemelo voi, per favore.
Non vi siete rese conto, care compagne, che la commissione di cui avete scelto di fare parte è stata istituita esattamente per sancire che la procreazione (non, “la maternità”, non “la gestazione”, ma proprio il “fare figli” in senso ampio) è roba da donne, che non deve riguardare i maschi? “Due uomini non fanno una madre” non è uno slogan vostro, è del “Movimento per la Vita”. La cosa non vi fa suonare un allarme?
No? Davvero non vi siete rese conto d’essere cascate nella trappola della “mistica della maternità”, che vede le donne come o madri o puttane, magari spartendovi i ruoli: per voi, “mistiche madri” e per le “femministe intersezionaliste”, “sex workers“?
Come potremo evolvere in futuro?
Quanto sto per scrivere è un parere strettamente personale; ciò premesso, credo fermamente che la problematica della MINORANZA del mondo lgbt che aspira alla genitorialità non verrà risolta con la GPA, che non solo o prima o poi verrà messa al bando come già lo è stata la schiavitù, ma al di là di ciò, costa quanto un appartamento, ed è una soluzione per i ricchi, non per chi non lo è. Ossia la grande maggioranza di noi.
L’ex presidente nazionale di un’importante organizzazione gay ha ricevuto da una cara amica single eterosessuale la proposta d’essere il padre di suo figlio, ed ha accettato. Quando il bambino (che ha ovviamente riconosciuto) è nato, il suo accudimento è ricaduto anche su di lui (mi ricordo il piccolo mentre scorrazzava per la sede dell’organizzazione gay, “Perché questo weekend è il mio turno curarlo: la madre è in gita“).
Eccetera. Non voglio limitare a questi due esempi (che però ho visto coi miei occhi) le possibilità, perché questo è un campo di sperimentazione aperto alla realtà omosessuale, la quale non è legata ai limiti della famiglia tradizione eterosessuale. Che è poi quella difesa dagli alleati che Arcilesbica Milano ha appena brillantemente accettato come tali.
Il problema fondamentale lo hai capito benissimo anche tu, e va ben oltre del problema in questione. L’idea di una famiglia condivisa non è gradito alla maggior parte degli omosessuali giovani (uomini e donne) semplicemente perchè non è coerente con il processo di normalizzazione della variante omosessuale della famiglia ‘tradizionale’. Capisco benissimo che la cosa non ti sia gradita per varie ragioni ideologiche o culturali (o anagrafiche) man tant’è. Personalmente non considero la cosa un male, proprio perchè, come tu mi insegni, piuttosto che farsi guerra sui massimi sistemi, è agli interessi materiali che bisogna guardare. Ora, se si mettono da parte le fantasie sull’omosessualità quale strumento rivoluzionario (che possono interessare ad un marxista ed a nessun altro) è un dato di fatto che i tanto denigrati paesi anglosassoni o del nord Europa dove l’omosessualità viene normalizzata senza scardinare alcunchè tranne il bigottismo clericale ed il machismo l’omofobia è meno che presente che qui. Avendo vissuto in entrambi i contesti, avendo letto un po’ di statistiche, credo veramente che chiunque si racconti che gli sviluppi culturali della lotta all’omofobia nei paesi che tu condanni per reato di queerimperialsionplutocrazia hanno portato ad un clima dove per un giovane omosessuale crescere sereno è più facile. Anche se magari poi a scuola gli insegnano pronomi vari ed in russia c’è chi fa la gpa. Ed è a loro che il movimento lgbt dovrebbe pensare.
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