L’Inghilterra sta preparandosi a un censimento, il 21 marzo prossimo.
Questo anno, per tenere conto di tutte le richieste di inclusività, non apparirà solo la domanda obbligatoria sul sesso del/la rispondente, ma anche una facoltativa sull’orientamento sessuale, ed una facoltativa sull’identita di genere.
Tutto bene, quindi, parrebbe, in un trionfo di “inclusività”… se non fosse per il fatto che l’ente preposto all’organizzazione del censimento (ONS) ha iniziato a dire che alla domanda “sesso” era possibile rispondere con l’identità di genere.
Ora, il sesso è, per dichiarazione stessa dell’ONS, uno dei dati in assoluto più importanti del censimento, dal quale dipendono allocazioni di risorse e servizi di milioni e milioni di sterline, nonché scelte politiche e amministrative. Formulare in modo errato la domanda sul sesso è quindi un errore disastroso.
L’organizzazione femminista “Fair play for women” ha chiesto chiarimenti, ottenendo inizialmente la risposta che “ovviamente” sesso e identità di genere sono due cose diverse. Tuttavia sul sito che presentava le istruzioni per compilare il modulo del censimento, l’ONS ha scritto che alla domanda “sesso” era possibile rispondere non solo in base a quanto scritto sul certificato di nascita o di riassegnazione anagrafica di sesso (nel caso di persone trans transizionate), ma anche su un qualsiasi documento, come il passaporto, che però non è un documento anagrafico, e sul quale è possibile cambiare i dati dietro semplice richiesta. Un po’ come quei tesserini universitari in cui gli e le studenti trans possono segnare il loro sesso di elezione senza bisogno di nessuna procedura legale. In pratica, l’ONS ha concesso di “auto-identificare” il sesso.
Alla richiesta di un incontro per discuterne, FPFW ha avuto risposta affermativa, salvo poi scoprire pochi giorni fa che l’ONS aveva anticipato di un mese l’apertura del censimento, rendendo possibile compilare fin d’ora il modulo.
Questo è avvenuto allo scopo di poter sostenere che “purtroppo” ormai il censimento era iniziato, quindi l’incontro programmato non era più possibile.
Siccome fidarsi è bene ma, soprattutto coi queer, non fidarsi per nulla è ovvio, FPFW aveva iniziato una campagna di crowfunding (che ha raccolto 100.000 sterline) per portare la cosa in tribunale, qualora non fosse stato possibile ottenere una risposta per via amichevole. Ha quindi immediatamente incaricato lo studio legale già allertato e istruito per l’eventuale judicial review, per chiedere l’intervento urgente di un giudice, che ha esaminato la questione ieri.
Qui potete leggere la relazione dell’udienza, in tempo reale.
Il giudice ha dato ragione a FPFW, concedendo la “judicial review” (una – costosa – prassi inglese che consente di affidare a un tribunale amministrativo la verifica del fatto che un ente pubblico stia agendo o meno in conformità con la legge, come nel caso di Keira Bell e la Tavistock Clinic) di cui sarà fissata presto la data.
Nell’attesa, il giudice ha imposto all’ONS di modificare immediatamente le sue istruzioni online (cosa che è già avvenuta) per chiarire che il sesso va dichiarato unicamente in base al certificato di nascita o al certificato di riassegnazione anagrafica di sesso, qualsiasi altro documento escluso. All’obiezione dell’avvocato dell’ONS che questo avrebbe creato discrepanze rispetto a chi aveva già risposto, il giudice ha osservato che se sorgeranno problemi, saranno problemi interamente causati dal comportamento dell’ONS.
Il giudice ha affermato che l’ONS ha il compito istituzionale di interpretare le leggi per fornire istruzioni, ma non ha il diritto di creare nuove leggi. Quello che la legge definisce con “sesso” è chiaro e non può essere cambiato dalla decisione individuale di un ente amministrativo. L’avocato dell’ONS ha invece sostenuto che “sesso” è un termine-ombrello, poco chiaro, che include innumerevoli realtà non collegate fra loro, e ovviamente non è riuscito a darne una definizione. Vent’anni di ricoglionimento queer e di “ma nessuuuuuuuuno nega la realtà biologica del sessooooo!” hanno dato i loro risultati, a quanto pare.
Il giudice ha infine rimproverato l’ONS per avere aperto il censimento prima di quanto consentito dalla legge, visto che per definizione esso è una fotografia del Paese alla data (intesa come periodo di 24 ore) in cui esso è realizzato. In pratica ha implicato che l’ONS ha violato la legge che è incaricato di far rispettare.
Il ridicolo non finisce qui. Allo scopo di verificare quanto l’iniziativa di ONS sia derivata dalla molto peculiare interpretazione che ha dato alle leggi l’ONG “Stonewall UK“, è stato chiesto di verificare quanto sia stato pagato da ONS, negli scorsi anni, al programma di affiliazione a Stonewall. La risposta è stata che l’ONS, che è l’ente preposto alla conservazione dei dati in Inghilterra, ha… perso questi dati! Non li trova più.
La causa? L’impiegato che ha seguito la pratica non lavora più per loro.
Voi immaginate se l’ISTAT desse una risposta del genere? “Mario Rossi è andato in pensione, quindi non sappiamo più come recuperare i dati sui nati in Campania nel 2020“? 🤦♂️
Commento.
Dall’accaduto emerge come la “TERF war” in corso nel mondo sia l’opera di una piccola setta di fanatici che sta agendo dietro e contro la legge, creando interpretazioni se va bene “fantasiose” della legge, e quando va male apertamente contrarie a quanto la legge stabilisce. Non c’è mai stato un dibattito pubblico, non c’è mai stata una decisione politica, non c’è mai stato un voto democratico, non c’è mai stato un referendum: loro fanno quello che loro hanno deciso essere “il bene della nazione” dietro le quinte, senza risponderne a nessuno. La catena sempre più lunga di processi perduti nel Regno Unito (paese che sta facendo da apripista alla reazione europea contro questo culto americano) mostra che qui siamo di fronte non a un movimento politico con legittimi obiettivi, ma di un’associazione più simile al SISDE o alla PD2 di Licio Gelli.
A questo punto le donne inglesi stanno chiedendo anche una “administrative review“, oltre a quella “judicial“, ossia un’ispezione governativa per capire come sia stato possibile il disastro dell’ONS e chi ne sia responsabile. (Alla Tavistock clinic, dopo la judicial review e l’administrative review, è stato sostituito il consiglio di amministrazione).
Nel frattempo, tutto ciò che hanno compreso di questa battaglia giudiziaria i transchilisti è che “Un gruppo anti-trans butta via migliaia di sterline per il gusto di togliere la parola “passaporto” dalle istruzioni sul censimento“). L’intelligenza non è la loro più spiccata virtù.
Aggiungo infine che come al solito, chi pagherà il conto di queste pratiche antidemocratiche saranno le persone trans. Poter modificare i libretti universitari o i passaporti senza dovere andare in tribunale è stata una conquista di civilità e il riconoscimento del diritto di ogni cittadino a vivere secondo l’identità di genere che preferisce. La richiesta di mutilare e avvelenare il proprio corpo per poterlo fare, è inumana e barbarica.
Tuttavia, se la prassi di questo tipo viene dirottata, distorta e sfruttata per fini mai pensati quando era stata concessa, come abbiamo appena visto fare dall’ONS, non occorre la sfera di cristallo per prevedere che in futuro una parte crescente delle istituzioni (e dei cittadini) rifiuterà di riconoscere la transizione di un/a cittadina/o senza una sentenza di tribunale.
Occorre quindi che tutti fermiamo questo piccolo gruppo di fanatici religiosi prima che, a furia di scelte cretine portate avanti con metodi idioti per un obiettivo folle (ossia stabilire che “il sesso biologico è una costruzione sociale”: davvero la battaglia più urgente e bruciante del XXI secolo!!!), renda impossibile la convivenza fra persone trans e non.
(Ah, incidentalmente: “Io ve l’avevo detto“).
